Situato tra il Corno d’Africa e lo stretto di Bab el Mandeb, lo sbocco del Mar Rosso sull’Oceano Indiano, Gibuti (Djibouti) è un paese strategicamente importante per la sua posizione geografica e geologicamente unico in quanto situato sulla depressione dell’imponente rift dell’Africa orientale; una faglia che attraversa il territorio creando profondissime falesie e piccoli laghi. In passato il piccolo paese era territorio delle tribù Afar dell’Etiopia e degli Issa provenienti dalla Somalia che convivevano pascolando il bestiame e contendendosi i terreni migliori. Nel 1862 il paese venne invaso dai Francesi per controbilanciare la presenza britannica nello Yemen allora i sultani Afar di Obock e Tadjoura vendettero il territorio per 10.000 talleri e i Francesi cominciarono a costruire la città di Gibuti situata oggi sulla costa meridionale del Golfo di Tajura. Iniziava così a prendere forma la Somalia francese e Gibuti divenne ben presto lo sbocco marittimo ufficiale dell'Etiopia. Nel 1917 venne costruita la ferrovia che ancora oggi collega Gibuti ad Addis Abeba, estremamente importate per gli etiopi, sia dal punto di vista strategico sia da quello logistico. La storia vede Gibuti al centro degli scambi commerciali tra l’Oriente e l’Africa, incluso il commercio di schiavi per il quale divenne tristemente famosa. Con la fine del colonialismo il paese conquistò l’indipendenza ma rimase un protettorato francese fino al 1977 quando nacque la giovane Repubblica di Djibouti. Enormi contrasti tra le due maggiori etnie e i francesi proseguirono comunque per molti anni per poi culminare nella sanguinosa guerra civile che vide Gibuti devastata dal 1990 al 1994. Oggi il paese ha riconquistato la pace e le attività commerciali hanno ripreso vigore e il paese si apre anche ad un turismo rispettoso, considerando la bellezza del suo territorio e la ricchezza del suo mare che unisce le caratteristiche dell’Oceano Indiano e la peculiarità del Mar Rosso.
Gibuti è un posto speciale perchè è ai confini di tutto
Confina con la regione più calda del mondo, la Dancalia. Confina con le tragedie africane della Somalia dell’Eritrea e dell’Etiopia. Le sue coste riarse si affacciano sia sul Mar Rosso che sul golfo di Aden nell’Oceano Indiano. La sua terra è attraversata da una delle più profonde spaccature della crosta terrestre, il grande rift che divide la placca africana da quella arabica e asiatica creando sconvolgimenti tellurici e fenomeni vulcanici in perenne evoluzione. La sua popolazione è formata da due etnie principali, gli Afar e gli Issa, tuttavia la presenza del porto ha favorito gli scambi anche con i paesi asiatici e dunque l’evolversi di una vera e propria società multirazziale. Le caratteristiche geologiche del territorio di Gibuti sono uniche al mondo e questa peculiarità sembra quasi riflettersi nel carattere e nello spirito del posto. Per questa ragione i diversi avventurieri che nel periodo coloniale hanno scelto di stabilirsi proprio qui, avevano sicuramente percepito questo « spirito estremo ». Personaggi dello spessore letterario come Arthur Rimbaud sono venuti a Gibuti per trovare una condizione di isolamento, quasi di confino naturale, lontano dall’ipocrisia e dai fasti del mondo occidentale. A Gibuti aleggiano alcune leggende fortemente radicate nelle popolazioni locali, leggende che sono sopravvissute al colonialismo, alle rivoluzioni e alla guerra civile: una di queste riguarda proprio il golfo del Ghoubbet e parla di forze soprannaturali presenti nelle acque del mare circondato dalle alte falesie. Si narra che molto tempo fa nel mezzo del golfo sorgesse un’isola circondata dal fuoco. Un giorno quest’isola scomparve inghiottita dalle acque e tutt’intorno ad essa non rimase che un cerchio di fuoco. Un luogo che evoca il timore delle forze misteriose. Le forze degli inferi si impossessarono del posto e nessuna imbarcazione di pescatori si avventurò in queste acque considerate pericolose. Per un geologo del nostro tempo è facile immaginare a quali forze naturali facesse riferimento la leggenda, ma le popolazioni Afar continuano a tenerla viva per rispetto delle tradizioni tramandate dal passato. Gibuti è un paese dove gli elementi acqua e fuoco si fondono dando origine ad una natura selvaggia di una bellezza sorprendente.
Ali Sabieh La strada che va da Gibuti ad Ali Sabieh attraversa due spettacolari pianure desertiche, Petit Bara e Grand Bara, alla cui estremità orientale si può praticare il windsurf su ruote. In città vi sono uno o due alberghi, mentre nei suoi dintorni potrete vedere diverse capanne Afar. Ali Sabieh, 95 km a sud-ovest di Gibuti, si può raggiungere in autobus o in treno.
Tadjoura La posizione di Tagiura è spettacolare, soprattutto se vista dal mare. A non più di 10 km dalla città si ergono diverse vette che raggiungono oltre 1300 m d'altezza e non lontano dalla costa vi sono superbe barriere coralline accessibili tanto agli amanti delle immersioni quanto a quelli dello snorkelling. Tadjoura si trova 35 km a nord-ovest della capitale e il miglior modo per raggiungerla è via mare attraverso il golfo; l'alternativa è quella di percorrere la strada asfaltata Route de l'Unité, proveniente da Gibuti, che è stata costruita subito dopo gli accordi di pace; sappiate, però, che non è percorsa da autobus.
I laghi Il Lac Assal è un grande lago che si trova a 150 m sotto il livello del mare, circondato da vulcani inattivi e nere distese di lava. Lo si può visitare in giornata dalla capitale. Lungo la strada asfaltata che porta al lago, verso ovest, incontrerete il Lac Coubet, un lago salato noto come 'la fossa dei demoni', e un apocalittico colletto vulcanico interposto tra i due laghi. Il Lac Abbé, all'estremità sud-occidentale del paese, sul confine con l'Etiopia, è raggiungibile solo con un fuoristrada, ma dovrete comunque assumere una guida e riservare all'escursione almeno due giorni. La battigia del lago, dove all'alba si riuniscono i fenicotteri, è punteggiata di bizzarre ciminiere (o 'fumaroles') naturali formate dal vapore che fuoriesce da sottoterra. Il villaggio di Dikhil, dove termina la strada asfaltata, è un buon punto di partenza per le escursioni con i fuoristrada.
STORIA
Intorno all'825 d.C. l'islamismo si diffuse in una regione all'epoca utilizzata per far pascolare il bestiame da diverse tribù, fra cui gli afar dell'Etiopia orientale e gli issa della Somalia. I commercianti arabi controllarono la regione fino al XVI secolo. Quando nel 1862 giunsero i francesi con l'obiettivo di controbilanciare la presenza britannica ad Aden, i sultani Afar di Obock e Tadjiura, che controllavano la zona sull'altro lato dello Stretto di Bab al-Mandab, la vendettero ai francesi per 10.000 talleri. Nel 1888 i francesi incominciarono a costruire la città di Gibuti sulla costa meridionale del Golfo di Tadjiura, una regione abitata in prevalenza da somali. Iniziava così a prendere forma la Somalia francese, Gibuti divenne ben presto lo sbocco marittimo ufficiale dell'Etiopia e la ferrovia Gibuti-Addis Abeba, costruita dai francesi, fu e continua a essere estremamente importate per gli etiopi, sia dal punto di vista strategico sia da quello commerciale. Nel 1949 vi furono le prime dimostrazioni da parte degli issa, che chiedevano la riunificazione delle terre somale in mano agli italiani, agli inglesi e ai francesi e l'espulsione di tutte le potenze coloniali. Gli afar appoggiarono i francesi, che naturalmente li favorirono affidando il governo locale ad Ali Aref e altri afar. La maggioranza del 60% che nel 1967 si espresse a favore del governo francese fu in gran parte determinata dalla massiccia espulsione di somali dal paese e dall'arresto dei leader dell'opposizione e provocò tumulti e sommosse popolari nella capitale. Le autorità coloniali si resero conto che qualcosa andava fatto e nel tentativo di sedare i manifestanti, cambiarono il nome della colonia in 'Territorio francese degli afar e degli issa'.
Ma il paese era ormai diventato un vespaio e nei primi anni Settanta venne attaccato dal Fronte di Liberazione della Costa Somala, cui avevano aderito molti degli espulsi dalla colonia. In seguito a ulteriori dimostrazioni a sostegno dell'opposizione, nel 1976 Ali Aref fu costretto a dare le dimissioni e con grande riluttanza l'anno seguente la Francia concesse a Gibuti l'indipendenza. Le prime elezioni decretarono la vittoria della Lega popolare per il progresso (RPP) e Hassan Gouled Aptidon, capo del partito, divenne il nuovo presidente. Gibuti è stata l'ultima colonia francese nel continente africano a ottenere l'indipendenza. Durante l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq nel 1990, Hassan Gouled fece un rischioso doppio gioco: da una parte si dichiarò contrario al concentramento di forze armate (Gibuti aveva firmato un patto militare con l'Iraq solo un paio di mesi prima), dall'altra permise non solo alla Francia di aumentare considerevolmente la propria presenza militare a Gibuti, ma anche alle potenze alleate di utilizzare le strutture portuali di Gibuti. Nel novembre del 1991 i ribelli afar scatenarono la guerra civile nei loro territori d'origine nel nord del paese, accusando il governo, dominato dagli issa, di favorire quest'ultima etnia. Dopo quattro mesi di scontri armati e centinaia di vittime, il governo di Hassan Gouled si decise a fare alcune concessioni. Nel 1992 la popolazione approvò una nuova costituzione mediante referendum e nel 1994 venne finalmente firmato un accordo di pace, nonostante le ostilità fra le diverse etnie non si fossero completamente placate, soprattutto nel nord e nelle zone di confine. Mentre Gibuti si stava preparando per le elezioni politiche del 1997, lungo il confine con l'Eritrea vi furono nuovi scontri fra i separatisti afar, che si erano opposti ai negoziati di pace, e le forze governative. Hassan Gouled riuscì a domare i ribelli e dopo aver vinto le elezioni volse l'attenzione ai Somali Isaak, che a loro volta chiedevano l'indipendenza. Con il contributo di Ismael Omar Guelleh, eletto presidente nel 2000, vennero sconfitti anche i somali isaak. Da quando è diventato presidente, Guelleh ha rafforzato i rapporti con la Francia schierandosi dalla parte dell'Etiopia nella controversia con l'Eritrea e concedendo alla Francia di aumentare la propria presenza militare sul territorio di Gibuti. Il porto di Gibuti ha sempre più un ruolo centrale nell'economia del paese poiché con il suo attivo nel settore dei servizi compensa il deficit strutturale del commercio. Sede permanente della flotta militare francese, il porto è divenuto un punto di riferimento anche per le flotte britannica, americana e italiana che operano nel Golfo. Negli ultimi vent'anni il paese ha concentrato gli investimenti per lo sviluppo sul miglioramento dell'efficienza del porto, sulla zona franca ad esso annessa e sulla ferrovia che lo unisce ad Addis Abeba. Alle elezioni legislative del 10 gennaio 2003 l'Union pour la Majorité Presidentialle (UMP) ha conquistato tutti i 65 seggi dell'Assemblée Nationalle. Il 30 aprile 2003 Gibuti ha ricevuto dal Programma Alimentare Mondiale aiuti alimentari, per un valore di due milioni di dollari, per fronteggiare la siccità. Le speranze generate dalla fine della dominazione coloniale francese, infatti, furono ben presto soffocate dai disordini della guerra civile, esplosa alla fine degli anni ‘80; anche se nel paese è tornata la pace, le tensioni negli stati vicini non favoriscono il cicatrizzarsi delle ferite lasciate dalla guerra. La popolazione locale ha dovuto far fronte a decine di migliaia di profughi provenienti dalla Somalia e dall’Etiopia; a questo si deve aggiungere la presenza di numerosi dissidenti e oppositori lungo i confini nazionali. Per il Gibuti, ciò significa la minaccia di un riaccendersi dei conflitti; per i turisti, il rischio minore è quello di essere alleggeriti delle loro macchine fotografiche. Il ritiro delle truppe francesi ha significato una grave perdita di denaro. L’economia è in ginocchio e i creditori esteri dovranno aspettare a lungo per ottenere la restituzione dei capitali prestati. Le carenze di attrattive turistiche di rilievo sono ampiamente compensate da una vivace miscela di tracce del colonialismo francese e di modernità araba. Ai visitatori, spesso osservati con curiosità, è riservata la tradizionale ospitalità africana.
LA CITTA' DI GIBUTI
Fondata appena un secolo fa, nella capitale, vivono due terzi della popolazione della Repubblica di Gibuti. Il centro della città, situata sulla costa occidentale di un istmo nel Golfo di Tajoura, è abbastanza piccolo come il suo porticciolo dove sono ormeggiati diversi sambuchi qualche barca da diporto e alcuni relitti di vecchie navi che emergono come fantasmi dalla superficie del mare. Diversi palazzi in stile coloniale, situati perlopiù nel centro della città, sono i pochi resti architettonici rimasti del periodo di dominazione dei Francesi. Il mercato centrale (Le Marché Central), a pochi passi dal centro è un concentrato di profumi che aleggiano nell’aria e un’esplosione di colori sgargianti dei tipici costumi locali indossati dalle donne ma è soprattutto il punto d’incontro quotidiano dei gibutiani per acquistare i freschi ramoscelli di 'qat', un leggero eccitante importato quotidianamente dall'Etiopia. Quando alle due del pomeriggio atterra l’aereo da carico della Ethiopian Airlines in arrivo da Addis Abeba, Gibuti si ferma.
E’ il momento dell’arrivo del qat che verrà rapidamente portato in città e distribuito su tutte le bancarelle. Il prodotto si trova fresco per le strade dopo neppure un'ora. Quello del Qat è un rito che viene preparato sin dal mattino, quando si prendono gli accordi su dove e quando trovarsi; nelle situazioni più rituali amici, colleghi, vicini e parenti si danno appuntamento dopo pranzo nella casa di uno di loro. Gli intervenuti svolgono il loro pacchettino di qat, le cui foglie contengono sostanze stimolanti, molto simili alle anfetamine e che quindi sviluppano adrenalina provocando uno stato di eccitazione propizio alla conversazione ed alla socializzazione. Ma anche per le strade, nei negozi, in auto, ogni luogo è buono per masticare qat; le foglie vengono poste in bocca, nella guancia sinistra, arrotolate a palla e masticate. Nel suq sono moltissime le bancarelle nelle quali si vende qat. I locali esaminano attentamente i rami con occhio indagatore, tastano e soppesano, discutono fino a compiere la scelta tanto importante ed agognata, ed infine se ne vanno con un involto sottobraccio ed un'aria soddisfatta. Le notti di Gibuti vengono trascorse nei chiassosi bar nei quali si concentrano i numerosi militari a bere e in cerca di compagnia. Bellissime ragazze provenienti da diversi stati dell’Africa che si fermano a lavorare a Gibuti dove tutto è lecito nonostante la maggior parte della popolazione sia di religione musulmana. Il porto Un tempo questo porto è stato animatissimo e frequentato da navi provenienti dall’Oriente e dirette in Europa attraverso il Mar Rosso. La sua posizione era strategica e molte compagnie di navigazione stipularono all’inizio del secolo fruttuosi contratti per l’utilizzo di questo scalo, soprattutto quando nel 1917 fu completata la ferrovia che collega Gibuti ad Addis Abeba che consentiva un collegamento dalla costa con i territori interni delle colonie. Il porto visse un periodo d’oro e presto si rese necessario un ampliamento della banchina fino alle acque più profonde antistanti la baia per consentire alle grandi navi moderne di attraccare direttamente ai moli. Questo ampliamento fu deciso comunque dal caso, come spesso avviene nelle storie africane: nel luglio del 1926 un grande cargo cotoniero attraccato in rada prese fuoco e si inabissò proprio all’imboccatura del porto impedendone l’accesso. Ecco che improvvisamente si materializzò davanti agli occhi delle autorità del luogo la concreta possibilià di allungare la fatidica banchina … utilizzando l’immeso relitto come base per la gettata! La genialità di chi ha poche risorse è sempre sorprendente. Il declino del porto arrivò nel 1967 a causa della chiusura del canale di Suez per la guerra dei 6 giorni. Tutte le navi commerciali furono allora costrette ad effettuare la rotta del capo e il porto di Gibuti, tagliato fuori dalle rotte utili, cadde lentamente ma inesorabilmente in abbandono.